Gigi: il cane investito e lasciato solo per ore, ora corre sul Ponte dell’Arcobaleno
Era Gigi il nome del povero cane investito in autostrada: soccorso in condizioni pessime, era sfinito. E ora corre sul Ponte dell'Arcobaleno
Si chiamava Gigi. Due sillabe, un nome dolce posato su di lui dopo tanto dolore e tanta sofferenza. Un nome che non è bastato a legarlo a questa terra. Perché Gigi, purtroppo, di cattiveria ne ha subita troppa.
E noi che abbiamo seguito la sua storia, oggi vogliamo dedicargli alcune parole che magari non faranno la differenza, ma che sono doverose. Perché Gigi non è mai stato amato, coccolato, cullato. E allora, ora che non c’è più, speriamo che le nostre parole gli arrivino come quelle carezze che avrebbe dovuto ricevere in vita.
Gigi è l’ennesima vittima. Vittima di una cattiva gestione dei randagi, dell’egoismo umano e della negligenza di molte persone. La sua storia è nata da qualche parte, non si sa dove. E la sua tragedia si è consumata dopo essere stato investito da un’auto. Gigi è stato lasciato lì, a bordo strada, agonizzante.
Ma non è morto subito, perché le anime buone esistono ancora. Anime che lo hanno visto ridotto così e si sono mosse. Una corsa contro il tempo, per toglierlo dalla strada e dal sole cocente sole della sua ultima estate.
Quell’estate che in un mondo utopico avrebbe dovuto vederlo felice, che avrebbe dovuto vederlo coccolato, intento a correre e a riempire di profumi le sue narici, è stata l’estate in cui Gigi è dovuto correre sul Ponte dell’Arcobaleno.
Dopo l’impatto con la vettura il cane è rimasto gravemente ferito, non per questo il pirata della strada si è degnato di scendere dall’auto per aiutarlo. Gigi è rimasto solo, con diverse fratture sparse per tutto il corpo, con contusioni e organi irrimediabilmente danneggiati.
Un’anima buona si è fermata, una ragazza incinta che da sola non poteva fare molto. E poi eccoli, gli angeli dei quattro zampe: i volontari sono corsi da lui, nonostante per tante ragioni fossero già al collasso. Gigi è stato recuperato. Ma era sfinito.
Hanno provato a dargli amore, i volontari. Persone buone che si sono subito attivate per una raccogliere fondi, che lo hanno portato dal veterinario, che hanno lottato contro tutto e contro tutti. Ma anche se sembrava che si stesse riprendendo, anche se in tanti ci avevano sperato, Gigi era stanco.
Una stanchezza che nessuno di noi può capire fino in fondo. Una stanchezza dettata dall’indifferenza, dal dolore. Perché Gigi stava evidentemente già male prima dell’impatto con l’auto. Era già fragile: un randagio dalla vita difficile, ignorato da tutti quanti.
Una vita dolorosa, lunga, che è propria di tanti randagi. Una vita che spossa, senza amore, senza un tocco gentile. E che nel caso di Gigi è finita così: aveva persino provato a trascinarsi, lui. A spostarsi dal luogo dove il sole torrido lo stava devastando ancor di più. Ma le macchine d’estate non si fermano, le macchine d’estate corrono per arrivare in spiaggia. E solo un cuore buono posa l’occhio su chi sta soffrendo. Ma per Gigi non è stato sufficiente. Per Gigi, purtroppo, quel cuore buono è arrivato troppo tardi.
Gigi era un randagio. Gigi non è sopravvissuto. Gigi è diventato l’ennesima vittima canina della peggior specie al mondo: l’uomo. A raccontare dettagliatamente la sua storia sono stati diversi volontari su Facebook. Il post più commovente, però, è firmato da Lucia Maria, che ha scritto:
“Avessero sterilizzato la mia mamma non sarei mai nato. Non avrei passato ore ed ore lì… sbattuto come un sacco di patate. Sotto il sole cocente, fratturato, spappolato, arso dal sole, solo, dolorante, senza più la forza di mugolare“.
Sappiamo che Gigi è in posto migliore, dove la cattiveria umana non potrà mai più toccarlo. Ma la sua storia non va dimenticata. Occorre che la sua non sia la storia dell’ennesima anonima vittima.
Occorre combattere, per Gigi e per tutti gli altri cani uccisi dall’egoismo degli uomini.
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