Il giornalista commuove tutti: “queste sono le due lezioni che mi ha insegnato la morte del mio cane”
Dennis Prager con le riflessioni a seguito della morte del suo amato Otto ha davvero commosso tutti i lettori
Tutti, purtroppo, ci troviamo ad affrontare alcuni momenti difficili durante il corso della nostra vita. Per quanto, molto probabilmente, il dolore sia lo stesso e sia anche della stessa intensità, ognuno di noi reagirà in maniera diversa e questo non è assolutamente un male: è indice del fatto che ogni essere umano è diverso dagli altri e, quindi, a suo modo, unico. Una delle cose più difficili, se non forse la più difficile, che dobbiamo affrontare nella vita con i nostri cani è sicuramente la loro morte.
La morte di un cane è qualcosa che ci mette un macigno pesantissimo sul cuore. Forse, solo quando vediamo cosa significa vivere senza il nostro cane ci accorgiamo di quanto fosse preziosa per noi la sua presenza. Quanto fosse prezioso il suo amore incondizionato e il suo modo di spazzare via qualsiasi pensiero negativo con un semplice movimento di coda.
Di fronte a un evento tanto brutto, ognuno avrà una particolare reazione. Certo è, però, che anche dai momenti tanto brutti possiamo trarre degli spunti di riflessione da cui, poi, imparare qualcosa. Questo è quel che ha deciso di fare il giornalista Dennis Prager, che ha affidato al The Daily Signal le sue riflessioni a seguito della morte del suo cane Otto, un Bulldog Inglese.
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Prager, potremmo dire, che in questo articolo fa due tipi di riflessioni: una che tocca più il piano sociologico, l’altra, invece quello personale. Per quel che riguarda il primo tipo di riflessione ci parla di quella che stiamo vivendo come un’età dei sentimenti, contrapposta a un’età dei valori.
Poi, però, passa a parlare delle sue riflessioni personali e colpisce, a questo punto, una meravigliosa definizione che da dei cani. Li definisce, infatti “esaltatori di vita”. Un cane, infatti, aggiunge luce e colore ad ogni angolo della casa e rende davvero “saporita” la nostra vita.
Non possiamo che concludere con le sue parole che sono un vero omaggio a tutti i cani e a quello che la loro presenza significa per noi: “La parola ebraica per “cane” è “kelev”. Poiché l’ebraico non ha vocali, la parola è in realtà scritta “klv”. Queste tre lettere possono anche essere viste come una contrazione di “kol lev”, inteso come “con tutto il cuore”. Potrebbe essere casuale. Ma non lo penso più.”