Ricordate Hachiko? Tutta la verità sulla storia del cane che aspettò il padrone
L'amore incondizionato e la fedeltà assoluta che va oltre la morte: tutto questo, e molto di più, è Hachiko. Tutti i dettagli
L’8 marzo, in Giappone, si celebra il cuore d’oro di Hachiko, il cane che aspettò per tutta la vita il suo padrone pendolare fuori dalla stazione da dove era solito partire. Ignaro del fatto che fosse morto e che non sarebbe mai più potuto tornare a casa insieme a lui dopo una lunga giornata di lavoro.
Victor Hugo ha detto: “Guarda negli occhi un cane e prova ad affermare che non ha un’anima”; e questa frase si adatta perfettamente alla profondità dimostrata da questo cagnone. Ogni giorno, sempre seduto al centro della stessa piazza che adesso lo ricorda con una statua.
La statua commemorativa
Diventato famoso nel mondo grazie al film con protagonista Richard Gere, Hachiko in realtà è ricordato da anni in Giappone, la sua casa di origine. A lui, un akita bianco, è dedicata una statua a Shibuya, il cuore pulsante di Tokyo.
Non si tratta dell’originale, che si è perso durante la seconda guerra mondiale, ma una copia fedele realizzata da Takeshi Ando, il figlio dell’artista Teru Ando che realizzò la prima scultura in bronzo nel 1934.
Un’altra è stata eretta a Odate, la città natale di Hachiko, alla cui inaugurazione era presente lo stesso cane. Infine una nuova statua si trova all’Università di Tokyo, e vede Hachiko e il suo amato Ueno riuniti dopo un secolo.
La storia di Hachiko
Si tratta forse di una delle testimonianze più incredibili di quanto l’amore di un amico a quattro zampe non possa avere confini spazio-temporali. Hachiko, il cui vero nome era Hachi (ovvero “otto”, considerato un numero fortunato in Giappone), fu acquistato nel 1924 dal professore universitario Hidesaburō Ueno che lo portò con sé da Odate a Shibuya. Ogni mattina, il cane aveva l’abitudine di accompagnare il suo padrone alla stazione ferroviaria, si sedeva lì con dedizione tutto il giorno, impaziente di accoglierlo al suo ritorno. D’altra parte l’akita è tra le razze di cani che difendono il padrone a tutti i costi.
Questa felice routine purtroppo si ruppe nel 1925, quando il suo padrone morì improvvisamente al lavoro a causa di un ictus, lasciando Hachiko in attesa alla stazione a guardare i treni passare e a sperare in una riunione che non sarebbe mai avvenuta.
Ogni giorno Hachiko si recava alla stazione di Shibuya dove attendeva invano il suo Ueno. Con il passare del tempo, attirò l’attenzione dei pendolari e la sua storia iniziò a diffondersi, rendendolo famoso in tutto il mondo. Nel corso dei dieci anni successivi, il cane più fedele della storia ha continuato ad aspettare il proprio padrone ogni giorno, fino a quando morì, a 11 anni, l’8 marzo del 1935, in una strada di Shibuya.
Lutto nazionale
La notizia fece il giro del Giappone. Venne dichiarato un giorno di lutto nazionale per ricordare Hachiko e quel gesto di estrema fedeltà nei confronti del suo amico bipede. Il corpo venne preservato tramite tassidermia ed esposto al Museo Nazionale di Natura e Scienza, ma alcune ossa sono state sepolte nel cimitero di Aoyama, vicino al professore del suo cuore, Ueno.
Ogni 8 marzo in Giappone si organizza una cerimonia per ricordare Hachiko. Per la fedele devozione dimostrata, è diventato una figura leggendaria, un vero e proprio testamento sulla profondità dell’amore che i cani hanno nei confronti dei loro amici umani.
Hachiko e il gatto
Da qualche tempo Hachiko non è più solo. Spesso un felino si accuccia sotto le zampe della statua, suscitando la gioia di turisti stranieri e altri visitatori. In realtà, il gatto è di un pensionato ed ex dipendente di una casa editrice di Tokyo. L’uomo diverse volte al mese lo lascia alla stazione di Shibuya: “Vorrei che desse conforto alle persone”, ha spiegato.
Anche se i suoi sforzi per consolare gli altri hanno apparentemente raggiunto l’effetto desiderato, il comportamento insolito dell’uomo ha attirato critiche su web. Alcuni pensano che il felino passi troppo tempo in uno spazio pubblico affollato, mentre altri lo hanno definito un vero e proprio esempio di maltrattamento sugli animali. Il padrone ha risposto: “Se ci sono persone che trovano conforto nella presenza del mio gatto, vorrei continuare a portarlo”.