Cuccioli di Pit Bull, sono pericolosi? Ecco cosa bisogna davvero sapere
La fama del Pit Bull non è delle migliori, e riguarda spesso anche i suoi cuccioli. Si tratta davvero di animali pericolosi?
Se rientrate fra le tante persone che hanno manifestato il desiderio di prendere con sé dei cuccioli di Pit Bull, è molto probabile che vi stiate anche chiedendo se davvero sono pericolosi come molta gente sembra credere. Per svelarvi ogni dubbio a riguardo indagheremo a fondo sulla questione analizzando le ragioni che spingono esperti e appassionati a sostenere o meno una teoria di questo tipo.
La storia della razza, tra pregiudizi e realtà
Allo scopo di determinare se i cuccioli di Pit Bull possano in effetti rappresentare un pericolo per chi sta loro intorno, è importante conoscere le travagliate origini di questa razza. Si tratta di una storia che ha contribuito fortemente all’aumento della popolarità di questi cani, ma anche allo sviluppo di giudizi – e pregiudizi – piuttosto pesanti sul loro conto, da cui tale popolarità è stata non poco danneggiata.
Il Pit Bull viene sviluppato per la prima volta nel Regno Unito nella prima metà del XX secolo, e in un contesto assai crudele: quello dei combattimenti tra cani. Dopo il divieto da parte del Parlamento britannico a praticare combattimenti tra cani e animali selvatici di grossa taglia come tori e orsi, l’attenzione venne puntata sulle lotte tra cani stessi e sul cosiddetto ratting: due o più cani venivano collocati in una fossa (pit) con dei topi, e quello che ne avesse uccisi di più in meno tempo avrebbe vinto la gara.
Al fine di ottimizzare al massimo le prestazioni dei malcapitati cani, si incrociò il Bulldog Inglese con degli esemplari di Terrier, che per natura erano più robusti e soprattutto efficaci nel cacciare piccole prede che si annidavano in buche nel terreno. Tenacia, coraggio e determinazione erano poi delle doti assolutamente premiate da chi si occupava delle selezioni, ma si faceva anche molta attenzione a neutralizzare quanto più possibile qualunque tratto orientato alla violenza nei confronti degli esseri umani.
Il cane che risultava da questi particolari incroci e dal successivo (rigorosissimo) addestramento, pur essendo stato creato apposta per combattere, si rivelava quindi un compagno affidabile e leale verso l’uomo; e furono queste doti a renderlo particolarmente adatto a nuove mansioni, soprattutto in seguito alla diffusione in Nord America: dalla custodia del bestiame alla protezione delle persone, fino all’utilizzo come cane militare, il passo è stato relativamente breve. Al termine delle due Guerre Mondiali il Pit Bull era considerato un’opzione molto popolare tra le razze canine puramente da compagnia.
A fargli perdere il favore di moltissimi appassionati di cani fu una sciagurata tendenza che prese piega negli anni ’80, qualche anno dopo che la Corte Suprema degli Stati Uniti rese ufficialmente illegali i combattimenti tra cani. Paradossalmente fu proprio questo provvedimento a determinare la diffusione di combattimenti clandestini, nei quali la razza prediletta era proprio il Pit Bull.
Ancor peggio che un ritorno alle origini, l’addestramento e le rigide selezioni operate su larga scala ai danni di questi animali da parte di veri e propri criminali puntarono a sopprimerne l’indole amichevole e bendisposta verso l’uomo e ad alimentarne invece gli istinti più violenti, senza alcun riguardo verso la socializzazione e il controllo del temperamento. Non ci volle molto tempo perché questo cane, un tempo trattato con rispetto e affetto nonché considerato persino un simbolo del popolo americano, cominciasse a essere associato soltanto al crimine e alla violenza a cui lui per primo veniva costretto a prendere parte.
Si tratta di una fama di cui il Pit Bull soffre ancora oggi, complice anche una forte disinformazione sul suo conto. La sua reputazione si è risollevata solo in parte, e principalmente grazie al lodevole lavoro di molti allevatori esperti che nel corso di diversi anni si sono impegnati duramente nel riabilitare il più possibile tutti i cani piegati da quel ciclo di violenza solo apparentemente impossibile da interrompere. Insieme a loro, lentamente e con molta fatica, si sta riabilitando anche l’immagine del Pit Bull stesso e sono molte le campagne di sensibilizzazione che puntano a ricordare al grande pubblico che questo cane ha delle doti che chiunque apprezzerebbe, e che sono anche tante.
Una selezione non proprio naturale
Gli esseri umani addomesticano animali da millenni, e i cani non rappresentano certo un’eccezione. Come chiunque abbia familiarità con il mondo canino sarà in grado di confermare, esiste una gran quantità di razze di cani le cui caratteristiche principali sono il frutto di una manipolazione di qualche tipo effettuata dall’uomo nel corso di anni, se non addirittura secoli.
Da sempre l’uomo è abituato a prendere gli esemplari dotati di un determinato tratto su cui vogliamo concentrarci, farli accoppiare nella speranza che il cucciolo nato da questa unione ne sia dotato e ripetere questo processo fino a ottenere il risultato desiderato, nonché eliminare tratti indesiderati (come ad esempio il rischio di sviluppare determinate malattie genetiche). Questo processo di riproduzione controllata è stato avviato praticamente per qualunque razza, e può riferirsi a caratteristiche fisiche o caratteriali, ma anche a precise combinazioni tra le due.
Ecco dunque come si spiega la presenza di così tante razze di cani dalle caratteristiche così diversificate: abbiamo dunque cani più grandi, più piccoli, più eleganti, più “esotici”, più robusti; cani più docili, cani più indipendenti, cani da lavoro, cani da slitta, vari tipi di cani da caccia, cani da pastore, cani puramente da compagnia e purtroppo anche cani da guerra e da combattimento. Il Pit Bull, con la sua muscolatura possente e la sua mascella robusta, è stato allevato per molto tempo in modo da sviluppare una spontanea aggressività nei confronti di altri cani e dell’uomo proprio per diventare il candidato perfetto (se non il simbolo) di quest’ultima categoria.
Le responsabilità di un padrone
È facile dunque intuire il motivo per cui molte persone sostengono che i Pit Bull siano animali pericolosi per natura, e che anche quando sono cuccioli si annidi in loro un’indole violenta difficile da domare e che con la crescita potrà solo aumentare: la loro storia – almeno quella recente – gioca sicuramente a loro sfavore, ed è impossibile affermare con assoluta certezza che non li abbia cambiati per sempre.
Esprimere un giudizio del genere su un’intera razza di cani può però risultare estremamente riduttivo, oltre a negare gli sforzi di chi negli anni ha tentato di riabilitarne la figura quanto più possibile. Tutti i cani, del resto, possono diventare pericolosi se abbandonati a se stessi e privati non solo di un’educazione e di un addestramento adeguati, ma anche dell’affetto e delle cure che ogni animale domestico merita.
L’eventualità che il Pit Bull possa risultare più pericoloso di altri per via della sua forza fisica e della violenza instillata nei suoi antenati per generazioni e generazioni non va sottovalutata, e fa di lui un cane non adatto a padroni inesperti o che non siano in grado di garantirgli il giusto tipo di disciplina sin da quando è molto piccolo. Allo stesso modo, tuttavia, non va sottovalutato l’impatto positivo che prendersi cura di un cucciolo di questa razza in modo attento e responsabile possa avere sulla sua crescita.
Ricordiamo che la sua intelligenza e predisposizione all’obbedienza, nonché la sua indole socievole, affettuosa, leale e protettiva, paziente e attenta anche nei confronti dei bambini, venivano osservate già secoli fa pressoché in tutti gli esemplari, e non sono certo dei tratti meno spontanei rispetto alla sua presunta “innata” aggressività. Se questo cucciolo viene cresciuto responsabilmente e tutti i suoi bisogni vengono soddisfatti, si rivelerà un vero e proprio beniamino di grandi e piccini.