Cani alla catena: subito un’ordinanza per salvarli da caldo e incendi
Le associazioni animaliste chiedono alle Regioni di emanare il più velocemente possibile un'ordinanza per proibire i cani alla catena
La piaga dei cani tenuti alla catena in cortili e giardini di abitazioni deve finire. A chiederlo a maggior ragione oggi sono le associazioni animaliste in difesa dei diritti degli animali, che si rivolgono alle Regioni del nostro Paese. Serve subito un’ordinanza per salvare queste povere creature, costrette a stare fuori a temperature inaccettabili, spesso vittime del troppo caldo o di incendi che non danno loro scampo.
Sono diverse le associazioni animaliste che chiedono un’ordinanza regionale estiva per vietare la catena per i cani. Green Impact, Fondazione Cave canem e Animal law Italia, che aderiscono alla coalizione #Liberidallecatene, hanno già inviato una lettera ai presidenti di otto Regioni e di 1 Provincia autonoma. Regioni e Provincia autonoma che non hanno mai legiferato in merito alla questione o che hanno leggi che non vengono ritenute sufficienti. Il rischio è che, con l’arrivo del forte caldo e l’aumento del pericolo incendi, gli animali possano trovare un’atroce morte, perché non possono mettersi al riparo dalle fiamme o dalle elevate temperature.
Liguria, Sardegna e Sicilia sono le uniche Regioni a non avere una normativa in merito che preveda il divieto di detenzione di cani a catena. Val d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Provincia di Bolzano, Molise, Basilicata, Calabria, invece, hanno una legge in merito, ma è del tutto insufficiente. “Tale ordinanza assicurerebbe il pieno rispetto della normativa penale di tutela degli animali. Nonché della Costituzione, che include la protezione degli animali tra i principi fondamentali ai sensi dell’art. 9, così come recentemente modificato“.
Serve assolutamente una manovra urgente che possa permettere a tutte le Regioni di allinearsi su una legge che tutela i poveri cani. Le associazioni hanno anche proposto sul loro sito, Freedom for dogs, una mappa interattiva che mostra qual è la situazione attuale in Italia. Metà delle Regioni italiane si deve ancora adeguare. Mentre in Europa ci sono stati come l’Austria, la Germania e la Svezia che sono molto più avanti di noi e hanno già previsto questo divieto.