Sì, nel mondo esiste l’eutanasia comportamentale per il cane
Quando può essere eseguita l'eutanasia comportamentale e come prevenirla
Oltre che per gravi malattie incurabili, la legge italiana consente di sopprimere i cani per episodi frequenti di rabbia. Gli estremi della cosiddetta eutanasia comportamentale vengono disciplinati dall’art. 2 della legge 281/1991. In caso di aggressione o morsicatura, i servizi sanitari definiscono “le misure di prevenzione e la necessità di una valutazione comportamentale e di un eventuale intervento terapeutico da parte di medici veterinari esperti in comportamento animale”. Ovviamente, la misura è consentita solo in casi rari ed estremi.
Anche se non scattano e ringhiano giorno e notte, i quadrupedi possono ricevere tale trattamento qualora diano segnali di squilibrio. Se risultano imprevedibili e inaffidabili allora può essere presa in considerazione tale eventualità. Le cause sono molteplici e vanno dalla paura allo stress, ma non deve avere a che vedere con problemi fisici. Al primo segnale si raccomanda di recarsi presso uno studio veterinario, dove verranno eseguiti gli accertamenti del caso.
Per scongiurare tale provvedimento, sarebbe bene provare a stabilire se vi siano dei fattori scatenanti (trigger) dietro alle violente reazioni. Così facendo, infatti, vi sarà modo di evitare tali situazioni. Ad esempio, qualora il Fido non sopporti i bambini, sarà sufficiente impedire sul nascere eventuali incontri. Oppure, nel caso in cui non riesca ad andare d’accordo con i propri simili, sarà tutto fuorché una buona idea spronarlo a interagire. Lo scenario si complica qualora le azioni dipendano da varie ragioni. Si raccomanda di prendere in considerazione segnali di pericolo quali peli ritti sulla schiena o il rischio. Dunque, regolati al fine di impedire sul nascere pericolose escalation.
Inoltre, non esitate a recarvi da un professionista del settore dopo la prima volta che morsica. Difatti, lasciando correre potreste finire per impedirne un trattamento correttivo. L’animale non deve sentirsi impunito per le proprie azioni e, dunque, libero di comportarsi come meglio crede. Alla pari di noi persone, pure loro devono capire che esistono delle regole, che esiste giusto e sbagliato. Ricorrere all’eutanasia comportamentale costituisce un’ammissione di sconfitta, l’equivalente di gettare la spugna. Con perseveranza persino l’anima più irrequieta è in grado di cambiare, a patto di usare i giusti strumenti e avvalersi del parere di personale specializzato.